Emergono nuovi particolari sul violento litigio, nelle case popolari di via Zeno, la settimana scorsa, che ha fatto finire in ospedale un giovane, con profonde ferire ad un braccio e sua madre, già invalida, in stato di shock, a seguito di uno scontro con una vicina di condominio, dai gusti musicali un po’ troppo amplificati, e due sue parenti.
«È stata la signora, per prima, ad aggredire noi», accusa la protagonista “rumorosa”, ma poi ammette una serie di circostanze che danno l’idea del clima di tensione in quel condominio,
«Sì, è vero, avevo problemi di dipendenza, ma li ho superati e ora faccio una vita regolare», spiega, per prima cosa.
Ma le difficoltà, per lei, sono anche altre: «Ho un bambino di 8 anni fragile e malato. A volte si mette a urlare e non posso certo prenderlo a sberle. La musica? Sì, ma da un mese la teniamo più bassa.
Mia figlia, quel giorno, ascoltava qualcosa al telefonino, ma era in una stanza lontana, non credo che potesse dare fastidio».
Però il figlio della signora «aveva messo uno stuzzicadenti nel nostro campanello, per farlo suonare di continuo». Lui conferma: «Facevano un sacco di rumore, avevo chiamato la polizia locale, ma non è venuto nessuno e così ho cercato di farli smettere». Facile capire, a questo punto, come sia scoppiato il litigio.
Resta un problema di fondo già segnalato pochi giorni fa: la mancanza di un “arbitro” che gestisca queste situazioni complicate fornendo aiuto, dove serve, e frenando i comportamenti anti-sociali o di presunta auto-giustizia.
Usare le case popolari solo come parcheggio di persone “difficili”, abbandonate a se stesse, può causare delle tragedie.
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