martedì 8 gennaio 2019

RISSA IN LUNGOMARE, IL 6 FEBBRAIO IL PROCESSO AI DUE FRATELLI ITALO-TUNISINI. UN COLTELLO CONSEGNATO DAI CHIOGGIOTTI AI CARABINIERI


Achraf Cheikh Zouali

Si svolgerà il 6 febbraio al Tribunale di Venezia il processo per rissa che vede imputati i due fratelli italo-tunisini Achraf e Helmi Cheikh Zouali, rispettivamente di 28 e 31 anni, coprotagonisti nella notte fra sabato e domenica del violento alterco sul lungomare di Sottomarina a colpi di bottiglie, coltelli e punteruoli. La giudice monocratica Sonia Bello ha stralciato la loro posizione da quella degli altri tre arrestati in flagranza (i chioggiotti Silvano Penzo, Marco Marangon e Simone Minou), i quali hanno chiesto e ottenuto il patteggiamento con condanna a 6 mesi e pena sospesa. Anche per i due fratelli è stato convalidato il fermo operato dai carabinieri di Chioggia, ma senza alcuna misura cautelare di qui alla data dell’udienza. Assistiti dall’avvocato Massimo Aprile, Achraf e Helmi hanno scelto di proseguire nella causa perché si proclamano vittime di un’aggressione: secondo la versione riportata, il primo avrebbe difeso un terzo conoscente durante un litigio a male parole scoppiato dentro un locale sul lungomare tra due persone che da tempo si detestavano, e che sono state denunciate assieme ad altre tre, fra cui una ragazza e un minorenne. Erano circa le 2.30 della notte quando la rissa è proseguita fuori in strada, e ad avere la peggio in quel frangente era stato Achraf Zouali: il quale ha chiamato in suo soccorso il fratello Helmi, anziché rivolgersi magari alle forze dell’ordine.
Il pestaggio (6 contro 3) è continuato a fasi alterne fino all’arrivo dei carabinieri, quando alcuni elementi si sono dati alla fuga: i militari hanno rinvenuto in loco cinque giovani e li hanno posti agli arresti domiciliari. In tale occasione, è certo che Penzo e Marangon hanno consegnato da terra agli uomini in divisa un coltello sporco di sangue, sul quale verranno operati i necessari rilievi digitali e riguardo il dna. Durante la direttissima di ieri, mentre i tre chioggiotti hanno accettato il patteggiamento avvalendosi della facoltà di non rispondere, e quindi non spiegando alla giudice l’origine delle ferite che loro stessi portavano visibilmente addosso, i due italo-tunisini hanno raccontato la propria verità. Ora sarà sempre la giudice Bello a valutare se sono credibili o meno. Intanto il pronto soccorso ha avuto il suo daffare per sanare le ferite della contesa in capo anche ai cinque individui denunciati, alcuni dei quali sono soliti praticare il pugilato: il più grave ha uno sfregio alla guancia e un altro alla nuca, per complessivi 40 punti di sutura e 15 giorni di prognosi, gli altri se la caveranno con ferite da arma da taglio e contusioni da 6 a 14 giorni, come nel caso di Silvano Penzo, che ha subìto una coltellata allo sterno con addensamento polmonare. I cinque denunciati sono stati rintracciati al pronto soccorso dopo la fuga.

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