martedì 26 febbraio 2019

OK AUTO, OBBLIGO DI DIMORA PER 6 ACCUSATI DI RICICLAGGIO. ANCHE 9 INDAGATI PER TRUFFA, TRA CUI ANTONIO FERRARI


Alessandro Vicentini

Svolta nelle indagini relative alla truffa OK Auto, la rivendita automobilistica che aveva sede a Ridotto Madonna e che aveva raggirato oltre trenta persone in tutta Italia, le quali avevano versato anticipi per vetture mai consegnate. Alla fine di settembre 2018 i rappresentanti dell’impresa erano spariti nel nulla dopo aver accumulato circa 600mila euro dagli ignari acquirenti. Il giudice per le istanze preliminari del Tribunale di Venezia ha dato mandato al nucleo di polizia economica della Guardia di Finanza e ai Carabinieri della Compagnia di Chioggia di eseguire sei obblighi di dimora a carico di altrettanti indagati per riciclaggio di denaro.
I provvedimenti sono a carico di Alessandro Vicentini, 45enne cavarzerano, Stefano Vianello (56 anni, di Venezia), Salvatore Angelica (68 anni, di Stra), Marco Bortoluzzi (40 anni, di Spresiano), Matteo Liziero (400 anni, di Borgo Veneto) ed Emanuele Gobbo, 44enne di Bassano del Grappa. Sono state anche sequestrate sette auto di lusso, di marca Maserati, BMW, Mercedes, Audi e Land Rover, e appunto oltre 600mila euro. In corso anche perquisizioni domiciliari nelle province venete, a Reggio Calabria e a Caltanissetta nei confronti dei destinatari delle misure cautelari. Altre nove persone risultano iscritte nel registro degli indagati per associazione a delinquere finalizzata alle truffe: si tratta dei responsabili nel tempo della OK Auto, tra i quali il cavarzerano Antonio Ferrari, già socio proprio di Vicentini.
Le indagini sono pervenute a individuare gli autori del riciclaggio partendo dalle querele dei cittadini fregati: non tutti i veicoli erano stati immatricolati in Italia, e anche i proventi della società erano stati girati a conti correnti bancari in Croazia, Germania e Inghilterra, intestati a vari prestanome. Si suppone quindi che i sei obbligati di stamane siano appunto alcuni di questi prestanome: gli accertamenti patrimoniali hanno fatto emergere che in alcuni casi i guadagni sono rientrati nella disponibilità dei responsabili della truffa.

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