venerdì 30 novembre 2018

POVERE E PRECARIE, LE 53 DONNE DI CHIOGGIA CHE NEL 2018 HANNO CHIESTO AIUTO AL CENTRO ANTIVIOLENZA: USCIRNE SI PUÒ

Sono 53 le donne che dall’inizio del 2018 si sono rivolte al centro antiviolenza Civico Donna di Chioggia. Di queste, 41 hanno cominciato solo quest’anno il percorso per uscire dalla spirale: lo hanno comunicato ieri pomeriggio le responsabili del centro, durante una iniziativa alla sala conferenze del Museo civico, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulla donna: dopo la proiezione del docufilm “Giulia ha picchiato Filippo”, della regista Francesca Archibugi, le persone presenti hanno dato vita a un serrato dibattito sulle cause di uno dei mali di quest’epoca, alternato all’illustrazione dei dati raccolti nella realtà locale dalle operatrici del centro di via Vespucci a Sottomarina.
Dai rilievi emerge come, fra le 99 donne assistite dall’apertura del centro nel 2016 fino a oggi, vi siano delle differenze fra Chioggia e gli analoghi casi riscontrati nel territorio nazionale: mentre in Italia l’estrazione sociale delle vittime è medio-alta, in città è medio-bassa. E se altrove le donne esposte a molestie sono per lo più stabilmente occupate, in laguna sud prevalgono le precarie o coloro la cui situazione economica non brilla: un contesto chiuso geograficamente e culturalmente, notano la dottoressa Alice Zorzan di Civico Donna e la professoressa Anna Pambianchi, dove le donne colpite mostrano resistenze a venire allo scoperto perché hanno paura di essere riconosciute, o di recarsi al pronto soccorso nel timore di incontrare qualche conoscente.
Al centro antiviolenza viene garantito l’anonimato e la riservatezza, oltre a un’équipe di psicologhe, mediche, avvocate in grado di intraprendere percorsi di uscita sia dal punto di vista legale (ovvero con denunce penali e arresti per stalking) sia a effettive separazioni: anche se ormai è noto che quando finisce una relazione tossica non finisce la violenza di per sé, date le reazioni non di rado manifestate anche la scorsa estate specie nella cronaca di Sottomarina.
Cosa può fare una donna che viene a conoscenza di fatti simili accaduti a un’amica? «Anche solo offrire un caffè aiuta – dice la dottoressa Zorzan – se pensiamo che almeno una donna su tre ha sfiorato il problema direttamente o indirettamente. Se ci si accorge che una situazione è in atto, mai minimizzare: a volte alcune donne sono state abbandonate anche dalle proprie madri, nonostante siano rimaste vittime esse stesse. Necessario è poi occuparsi dei bimbi educati in un clima di violenza familiare, egualmente maltrattati e a rischio di comportamenti violenti per colpa delle dinamiche distorte tra gli adulti: «Simbiosi non è libertà», ha chiosato la psicologa Lorella Ciampalini, nel ricordare l’importanza del numero telefonico 1522 atto a segnalare casi di violenza, minacce e molestie di genere.

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