Quando si parla di plastiche, della loro onnipresenza e dell’inquinamento che comportano, non si parla a vanvera.
Le dighe del nostro territorio sono sommerse da polistirolo difficilmente recuperabile se non dai volontari, i quali comunque ne riescono a recuperare solo una piccola parte, essendo una gran quantità posta in posizioni irraggiungibili o in pezzi talmente piccoli da essere irrecuperabili.
Ma la plastica, stavolta in forma di bottiglie o di nylon invade anche il Parco degli Orti. Come abbiamo detto la zona è anche chiamata la discarica a cielo aperto per la quantità di rifiuti ingombranti che vi vengono gettati, ma la quantità di rifiuti spicci che vi si trova è altrettanto importante.
Portate dal vento, gettate dalle mani di ignoranti, di incivili, di persone che non hanno alcun rispetto per l’ambiente, una teoria interminabile di bottiglie di plastica giace incastrata tra i rovi che crescono inarrestabili sui campi abbandonati. Anche qua è impossibile per gli addetti provvedere a una pulizia.
Non è neppure proponibile, e anche qua si rende necessario e indispensabile, eventualmente l’aiuto dei volontari.
Ma se in diga, tra un masso e l’altro, camminando si riesce a raggiungere il posto in cui si accumulano le plastiche e oi polistiroli, qui non è altrettanto semplice, a parte i distinguo tra aree private e aree pubbliche, qua manca completamente la sicurezza e tutela di chi magari avrebbe voglia di intervenire, fossi, nascosti alla vista, rovi, spine, terreno invisibile dove appoggiare i piedi.
Ci sono tutti i presupposti per farsi del male.
La pulizia di quest’area dalle plastiche diventa impossibile per chi non ha mezzi adeguati.
Serve fare un’azione preventiva, serve capire quanto danno può fare all’ambiente una bottiglia di plastica non gettata nell’idoneo contenitore e lasciata alla mercé delle intemperie.
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