martedì 9 ottobre 2018

TRUFFA OK AUTO, FERRARI SI DIFENDE: "TRUFFATO ANCH'IO". MA FINO A POCHI GIORNI FA PRELEVAVA ALLA GRANDE DAI CONTI AZIENDALI

Nuovi sviluppi emergono ogni giorno dalla truffa della rivendita OK Auto di Ridotto Madonna ad almeno 36 clienti sparsi in tutta Italia, i quali dopo aver pagato acconti per circa 600mila euro hanno visto il loro denaro volatilizzarsi assieme alle auto e ai protagonisti negativi della vicenda. Nelle scorse edizioni era stato dato conto del ruolo di alcuni individui circostanziati, che durante l’estate si sono passati il controllo della società a responsabilità limitata semplificata, ovvero Antonio Ferrari, Francesco Domenico d’Agostino: ora viene portata a conoscenza la storia dell’azienda, fin dalla sua costituzione il 1° dicembre 2017 avanti il notaio Speranza in Padova, per mano di tal Giuseppe Tamburini e appunto del cavarzerano Antonio Ferrari, 44 anni, già noto nell’ambiente del commercio e dei pubblici esercizi di Chioggia. Tamburini nell’occasione ha versato l’intero capitale sociale di 800 euro, mentre Ferrari diventa amministratore di OK Auto. Successivamente, lo scorso 3 settembre, Ferrari -diventato unico socio- attraverso una scrittura privata cede la propria quota al 33enne siciliano Antonino Infantino. Nel mezzo, l’estate chiacchierata, che gli inquirenti stanno cercando di dipanare.
Ieri, a tal proposito, si è fatto vivo proprio Antonio Ferrari, che da giorni non rispondeva al telefono e aveva fatto perdere le tracce del proprio profilo fb: l’imprenditore di origine cavarzerana ha presentato una propria memoria alla caserma dei Carabinieri di Sottomarina, attraverso la quale racconta la propria versione degli eventi. «Inizialmente mi servivo di un gazebo nel piazzale -scrive Ferrari nella nota- e poi mi fu offerto di occupare i locali precedentemente in uso alla concessionaria Autosanlorenzo, nel mentre fallita. Nel giugno 2018 con atto del notaio Noto di Chioggia ho venduto la quota della società al calabrese Francesco d’Agostino, pur rimanendo amministratore: ho conosciuto contestualmente lui e Infantino, ai quali piaceva Chioggia e il luogo dove era ubicata l’impresa». A seguito del sequestro di un’Audi per appropriazione indebita, operato dalla polizia stradale di Mestre, Ferrari asserisce di aver estromesso d’Agostino dalla società, riacquistando le quote col supporto di Infantino che si era detto interessato a rilevare OK Auto: cosa puntualmente accaduta il 3 settembre: «L’11 agosto uscivo definitivamente dalla carica di amministratore -continua la memoria di Ferrari- lasciando i contratti attivi ancora da perfezionare, ovvero da saldare per la consegna delle auto». Ferrari ai carabinieri dice di sentirsi anche lui truffato, per non avere percepito la somma dovuta dalla vendita di OK Auto: «Durante il periodo fra l’11 agosto e il 3 settembre mi recavo poco alla concessionaria, se non quando mi era richiesto da Infantino per essere accompagnato negli istituti di credito. Quest’ultimo si recava spesso all’estero, tanto da farmi una delega bancaria per poter operare, sotto le sue direttive, allo sportello bancario».
Queste dichiarazioni cozzano, meno che apparentemente, con alcune risultanze di fatto: Ferrari afferma di aver lasciato l’impresa ufficialmente il 3 settembre, ma una settimana dopo -secondo la fonte di una dei truffati, una cuoca di Brescia che l’ha conosciuto di persona nell’occasione- egli si trovava ancora nei locali di via Padre Emilio Venturini 2/A ed era stato indicato dai suoi collaboratori come titolare dell’esercizio, con prove fotografiche. Inoltre, come già appurato dal gruppo Whatsapp fra i truffati, le malversazioni e la mancata consegna delle auto erano già iniziate almeno nel mese di agosto se non prima, quando per l’appunto in carica era ancora Antonio Ferrari: fossero emerse prima, i truffati di settembre non avrebbero versato acconti e perduto il proprio denaro. Infine, ma non per ultimo, i riscontri dei conti correnti intestati all’azienda OK Auto dicono che sono stati correntemente adoperati da Ferrari almeno fino al 2 ottobre, prelevando somme anche per migliaia di euro (esaurendo spesso il plafond quotidiano massimo), destinate a spese di servizio, personali o voluttuarie. Anche in entrata, i bonifici nei conti erano intestati alle sue generalità, molto probabilmente da parte degli acquirenti delle vetture fantasma. Tutti indizi che portano ad escludere una sua estraneità alle manovre contestate; quanto agli altri coinvolti -complici, fiduciari, prestanome, collaboratori- nessuna traccia, anche se le ipotesi più gettonate guardano all’estero (dove i due avevano affari di import-export automobilistico) o all’Italia meridionale da dove provengono il calabrese d’Agostino e il siciliano Infantino.

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