È stata pubblicata stamane la sentenza emessa mercoledì scorso dal Tribunale Amministrativo di Venezia, che rigetta il ricorso presentato dal gestore del Cayo Blanco Fabio Damian avverso l'ordinanza del Questore di Venezia che l'8 agosto scorso aveva sospeso per 15 giorni l'attività danzante e di ristorazione nel locale sulla spiaggia di Sottomarina, a seguito del comportamento violento -e in un caso razzista- del personale di sicurezza appaltato a un'agenzia esterna.
Nella circostanza, il Cayo Blanco era stato riaperto agli eventi prima del termine, ovvero il 14 agosto anziché il 23, quando proprio lo stesso TAR valutava la «grave entità della perdita economica» in atto, e revocava il decreto di rigetto del primo ricorso emesso solo 24 ore prima. Un comportamento quantomeno ondivago, quello della giustizia amministrativa di primo grado, che trova riscontro anche nell'ultima sentenza, numero 871, la quale appunto respinge il ricorso e condanna la società Il Girasole al pagamento di 2000 euro a titolo di spese processuali: i magistrati Alessandra Farina, Marco Rinaldi e Mara Spatuzzi hanno rilevato che il Cayo Blanco era già sotto attenzione da un anno per via di episodi controversi.
«Gli interventi susseguitisi nel corso del 2018 - si legge nella sentenza - si sono ripresentati anche nel 2019, ove sono stati effettuati più interventi a fronte di segnalazioni che interessavano comportamenti aggressivi e violenti del personale di vigilanza, che hanno determinato lesioni anche rilevanti, perseguibili d’ufficio». Quanto all'episodio del 21 luglio, in cui il 18enne adriese Pietro Braga era stato respinto dai buttafuori per la sua origine africana, secondo il TAR del Veneto «anche da tale episodio, a prescindere dalla rilevanza penale di tale comportamento, è dato evincere un clima intimidatorio e aggressivo da parte del personale incaricato dal titolare di gestire il flusso dei clienti. Il contestato episodio di intolleranza razziale si è posto quindi in continuità con i precedenti atteggiamenti assunti nei confronti dei clienti del locale».
Nel ribadire la legittimità dell'atto del questore Masciopinto, il Tribunale afferma che «non è possibile per il titolare limitarsi a dichiarazioni di dissociazione (peraltro postume all’adozione del provvedimento impugnato) dall’operato del personale di vigilanza, che lui stesso ha assunto e per l’operato del quale necessariamente non può essere esonerato dalle relative conseguenze».
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