Ora non vi sono più dubbi. Il tursiope ritrovato spiaggiato lo scorso sabato 13 febbraio, nella battigia antistante i bagni Miki di Sottomarina, aveva frammenti di una rete da pesca nella laringe. L'autopsia è stata effettuata a Legnaro, sede dell'Università di Padova, dai biologi del CERT, il team di emergenza che l'indomani aveva recuperato l'animale: dopo i primi rilievi in loco, il cetaceo -una femmina lunga due metri e mezzo, e pesante oltre un quintale- è stato trasportato al dipartimento di Biomedicina, dove l'équipe del professor Sandro Mazzariol ha operato l'esame autoptico.
Quest'ultimo ha rivelato evidenti segni di attività ittica nel corpo dell'animale, anche se - ribadisce lo stesso docente - «non è ancora stabilito se le reti sono state la causa di morte. Tuttavia hanno contribuito a compromettere lo stato di salute del mammifero». Non vengono escluse ulteriori indagini per venire a capo della questione: anche attorno al muso del tursiope, una volta arenatosi, erano risultati da subito ben visibili i residui di materiale plastico e nylon, riconducibili alla lana delle reti da pesca.
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