Il gorgo di malavita lungo la parte meridionale di riva Vena a Chioggia non accenna a terminare. E anche dopo la denuncia del vescovo Tessarollo, molestato e insultato dai soliti giovinastri nella zona di ponte Zitelle Vecchie, è sempre "il ras del quartiere" Marco Penzo a figurare ai disonori della cronaca nera. Bersaglio delle sue folli attenzioni è sempre la cicchetteria da Nino Fisolo, tra il ponte Scarpa e calle Furlanetto: due giorni fa il titolare, Diego Ardizzon, mentre stava svolgendo alcuni lavori di riqualificazione del locale si è visto ancora una volta sciorinare davanti il coltello da parte del violento ventenne, con la minaccia che l'arma sarebbe stata utilizzata contro lo stesso gestore.
Non è la prima volta, anzi, che l'osteria viene presa di mira anche con gesti concreti: Ardizzon, che assieme ad altri si adopera per tenere vivo quel bellissimo tratto di fondamenta e sottrarlo al dominio degli spacciatori di cocaina, aveva ricevuto nel giugno dell'anno scorso la solidarietà in loco dei vertici delle forze dell'ordine cittadine, nonché del sindaco Ferro, il quale anche negli ultimi giorni ha ricordato che le telecamere del circuito di videosorveglianza lungo la riva sono già in funzione.
Le parole dure del vescovo Tessarollo non hanno lasciato indifferente Mauro Armelao, segretario del sindacato FSP della Polizia di Stato, che è tornato a chiedere sia concesso l'uso della pistola elettrica taser per fermare gli individui maneschi: «Facciamo il nostro dovere pur tra mille difficoltà - scrive Armelao in una nota - ma mancano risorse umane, leggi chiare e non interpretabili, certezza della pena e appunto strumenti di autodifesa come il taser, che consentirebbero di intervenire contro gli esagitati, azzerando il rischio di farsi male. Chiediamo che il sindaco pretenda la convocazione di un tavolo del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, e che venga potenziato il Commissariato chioggiotto almeno con altri 5 agenti per rafforzare le volanti, oltre ad aggregarne altri per il periodo estivo».
Inutile lamentarsi se la polizia non interviene subito, conclude il sindacalista: «Nascondersi dietro un dito non serve a niente, per certi casi ci vorrebbero nuove strutture create ad hoc allo scopo di curare le persone con problemi mentali e che hanno compiuto reati, o che sono socialmente pericolose per sé e per gli altri. Deve esserci la collaborazione di tutte le istituzioni, Servizi Sociali del Comune, ULSS e forze dell’ordine, le quali in caso di repressione devono poter contare poi in strutture preposte -che non siano il carcere- al fine di curare e recuperare ove possibile questi soggetti».
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