mercoledì 12 febbraio 2020

SPACCIATORI IN SILENZIO DAVANTI AL GIUDICE. DAI BANCHETTI ALLA FATICA DI PAGARE LE BOLLETTE: I CONTI SONO BLOCCATI

Fanno scena muta, davanti al giudice per le indagini preliminari Andrea Battistuzzi, i 28 arrestati nell'ambito dell'operazione antidroga di giovedì scorso, denominata Tsunami dai Carabinieri di Chioggia. Dislocati in vari istituti di pena lungo l'intero nord Italia, da La Spezia a Gorizia, gli accusati di spaccio si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, sotto suggerimento dei propri avvocati difensori: per alcuni di essi la questione è anche tecnica, mancando i tempi per l'approfondimento -da parte dei legali- di interi faldoni da 300 pagine l'uno. Certo è che nessuno ha ancora ammesso le proprie colpe, rilasciando formale confessione.
Frattanto l'indagine patrimoniale, parallela a quella di diritto penale, disposta dalla Procura della Repubblica di Venezia sta mettendo alle strette le famiglie degli arrestati, dal momento che tutti i conti correnti bancari e postali, i depositi, gli stipendi e le pensioni sono stati bloccati, così l'uso dei telefoni per comunicare da parte dei sei ristretti agli arresti domiciliari. Il timore dei magistrati è che anche dal carcere i 22 possano inquinare le prove. La tesi è che i proventi dello spaccio siano serviti per produrre ingiustificato arricchimento, incrociando i dati relativi al tenore di vita medio se si considerano solo gli introiti ufficialmente dichiarati a seguito di rapporti di lavoro.
Oltre agli interrogatori di garanzia, che come si è visto stanno andando a vuoto e non stanno consentendo agli inquirenti di ricostruire la catena dello spaccio risalendo ai "pesci" più grossi, in questi giorni stanno avendo luogo anche i riesami delle singole posizioni per il censimento dei beni e il calcolo delle sperequazioni: un'indagine che va oltre il mero sequestro probatorio, focalizzata altresì a stabilire dove siano finiti i ricavi dallo smercio. Rimane difficile comunque che chi si trova gravato di custodia cautelare in carcere venga rimesso in libertà, più probabile -nelle ipotesi eventuali- la concessione degli arresti domiciliari agli accusati di minor rilievo nell'inchiesta.

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