I titolari dello stabilimento La Capannina di Isolaverde hanno scritto una lettera al presidente della giunta regionale veneta, Luca Zaia, per spiegare i disagi del ritardo nel ripascimento iniziato due notti fa. «Svolgiamo questo mestiere da generazioni - scrivono i concessionari - ma siamo esasperati, perché oltre ai difficili protocolli da rispettare per quanto riguarda il Covid ci troviamo con un ripascimento che finirà dopo ferragosto. Con le strutture stravolte dalle mareggiate, non potremo piantare che metà degli ombrelloni».
La Capannina sostiene che l'impresa scelta per l'appalto «non è idonea per il lavoro d'emergenza. E non è colpa sua, ma di chi l'ha scelta. Sindaco e assessore ci hanno abbandonato, a Jesolo è già tutto pronto. E se anni fa erano bastati 200mila euro, ora si parla di 900mila...».
GLI ERRORI SI PAGANO
RispondiEliminaAgli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, l’ing. Rinaldi su incarico della Regione Veneto, al fine di limitare l’inquinamento sul litorale di Sottomarina e Isola Verde provocato dai fiumi Brenta e Adige, si inventò delle dighe “mobili” alla foce dei suddetti fiumi costituite da pannelli in cemento che nella stagione invernale venivano tolti. Il guaio è avvenuto quando dopo 10 anni dalla sperimentazione di queste dighe “mobili” si passo a delle vere e proprie dighe inamovibili.
Pertanto, se da un lato si limitò l’inquinamento spingendo al largo ciò che i fiumi apportavano, dall’altro non c’era più l’apporto di sabbia che negli anni hanno fatto grande l’arenile di Sottomarina e, in parte, anche quello di Isola Verde. Quest’ultima località oltre a non aver più l’apporto di sabbia dai fiumi, è soggetta anche all’erosione.